lettera aperta ASPO Italia su declino del petrolio

  
Le previsioni degli ABFU e le loro discussioni.

BY LOMBROSO

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lettera aperta ASPO Italia su declino del petrolio

Messaggiodi lombroso » 11 mag 2010, 15:55

Lettera aperta, inviata da ASPO Italia a tutti gli amministratori delle Regioni e delle Province, allo scopo di contribuire al miglioramento del quadro conoscitivo in materia energetica, con particolare riferimento alla disponibilità delle fonti fossili.
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Egregio Sig. presidente,
Ci permettiamo di sottoporre alla sua considerazione la presente comunicazione, con l'obiettivo di contribuire al quadro conoscitivo nel settore energetico, che costituisce materia concorrente tra Stato, Regioni ed Enti Locali.

LA DISPONIBILITA' DI PETROLIO A BASSO COSTO E' IN DECLINO
Sussistono ragioni molto fondate per ritenere che la crisi finanziaria, partita nel 2007 in modo graduale ed evoluta nel 2008 in un vero e proprio ridimensionamento dell'economia globale, tragga in gran parte la propria origine nell'incapacità di estrarre petrolio greggio in quantità sufficienti, e a costi sufficientemente bassi, tali da sostenere la crescita imposta dall'economia aperta di mercato ormai affermata in tutto il mondo.

La medesima crisi e la conseguente diminuzione dei consumi ha senza dubbio avuto l'effetto, molto temporaneo, di rallentare l'incipiente deficit di petrolio, ovviamente al costo di un relativo impoverimento di molti Paesi e degli strati più svantaggiati delle relative (e sempre crescenti) popolazioni; l'attuale stabilizzazione dei prezzi del barile di petrolio oltre gli 80 dollari testimonia tuttavia che i fondamentali scatenanti non si sono modificati.

La relativa e modesta ripresa in corso non potrà che accentuare e avvicinare il momento in cui l'offerta di petrolio non potrà più fare fronte alla domanda minima sufficiente a sostenere la crescita necessaria a uno sviluppo armonico e al benessere diffuso.

La stessa Agenzia Internazionale per l'Energia e il Governo USA (cfr. Approfondimenti in fondo al testo) hanno diffuso per la prima volta un avvertimento che, se ben interpretato e seguito da azioni adeguate, potrà aiutare almeno ad attenuare gli effetti del prossimo "crash" petrolifero.
La nostra associazione si permette di suggerire una particolare attenzione non soltanto al suddetto previsto evento, ma anche alla sua collocazione nel tempo, che è estremamente ravvicinata (entro 2-3 anni) e che di fatto rende difficilmente proponibili e praticabili programmi di riconversione a breve termine del sistema energetico e tecnologico.

Emerge qualche positivo elemento di speranza, almeno per il nostro Paese, rappresentato, a titolo d'esempio, dal vero e proprio "boom" del fotovoltaico, passato in pochi anni da una nicchia trascurabile a oltre 1.200 MW di potenza installata, e dell'eolico, la cui potenza installata presto raggiungerà i 5.000 MW, complessivamente contribuendo per quasi il 5% al fabbisogno nazionale di energia elettrica.

La via d'uscita è tuttavia stretta e lunga, e deve essere percorsa in fretta!

Essa necessita un forte sostegno da parte di tutti i livelli di governo e amministrativi riguardo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, al risparmio e all'efficienza energetica e al trasporto sostenibile.

QUALCHE DATO SUL PICCO DEL PETROLIO
Il grafico che presentiamo è stato prodotto dal Dipartimento dell'Energia (DOE) del Governo degli Stati Uniti d'America a partire dai dati dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (AIE),
agenzia intergovernativa dei Paesi OCSE, dedicata allo studio e alle previsioni sul futuro
energetico mondiale.

La stessa figura prospetta un futuro energetico molto preoccupante, caratterizzato a breve dal picco della produzione di combustibili liquidi.
Si tratta di un evento storico già in corso, il cui momento critico è collocabile, secondo i dati AIE, tra circa 18 mesi, intorno al valore di 87 milioni di barili al giorno.

La produzione di petrolio convenzionale, che è in pratica tutto il petrolio con cui è stato alimentato il metabolismo sociale ed economico mondiale almeno negli ultimi 50 anni, ha superato un picco di capacità nel 2008, ed è prevista declinare con un tasso annuo del 4%.
L'apporto di petrolio non convenzionale, essenzialmente sabbie bituminose e altri progetti simili, non coprirà che in minima parte il deficit che si sta aprendo tra domanda e offerta.

Tale deficit è rappresentato, nella figura, dall'area bianca classificata come l'insieme dei progetti produttivi ancora da identificare, che si trova tra la porzione colorata della figura data dalla somma della produzione delle varie categorie di liquidi combustibili e la curva in colore blu scuro, che rappresenta le previsioni dell'AIE sulla domanda da oggi al 2030.
In altre parole, la parte colorata della figura rappresenta la realtà, la parte bianca
l'immaginazione.

Questa quantità di petrolio "immaginario" ammonterebbe, nel 2030, alla cifra stratosferica di 60 milioni di barili al giorno, pari alla produzione attuale di sei produttori come l'Arabia Saudita.
I problemi, tuttavia, inizieranno molto prima, allorché la domanda inizierà a superare
definitivamente l'offerta.

Purtroppo le scoperte di nuovi giacimenti, lungi dal ripetere i fasti dei tempi in cui furono
individuati i grandi campi petroliferi che ci hanno generosamente servito per diversi decenni, dopo un picco a metà degli anni sessanta del secolo scorso, sono andate irregolarmente ma inesorabilmente calando e si attestano oggi intorno ad 1/5 dei consumi. Tali scoperte sono inoltre principalmente costituite da progetti petroliferi estremamente complessi dal punto di vista geologico e ingegneristico (per esempio in alto mare, in zone perennemente coperte da ghiacci, a profondità chilometriche, greggio di qualità scadente, contenente sostanze pericolose o da eliminare, complicate lavorazioni di enormi quantità di sabbie o di rocce).

Tale complessità si riflette, ovviamente e prima di tutto, in costi economici più alti e ritorni energetici minori (minore estrazione di petrolio per unità di energia spesa per estrarlo), aspetto, quest'ultimo, che, indipendentemente dalle quantità di petrolio ancora esistenti, definisce il "vantaggio" tramite il quale la struttura socio-economico-produttiva può continuare a svilupparsi.

Negli anni Trenta del secolo scorso si utilizzava l'energia corrispondente a un barile di petrolio per estrarne cento, oggi con un barile se ne estraggono da dieci a quindici, e ciò pur tenendo conto degli enormi progressi tecnologici intervenuti nel frattempo!

La stessa crescente complessità della ricerca ed estrazione di petrolio si riflette anche, come purtroppo testimoniano le recenti cronache dal Golfo del Messico, in un aumentato rischio di incidenti dalle conseguenze particolarmente gravi e durature.

Da tempo la nostra associazione ha divulgato ad ogni livello della società, dalle scuole elementari fino agli organi di governo dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali, l'entità, la tempistica e le possibili conseguenze del picco petrolifero, così come ora trovano conferma nel documento del Dipartimento dell'Energia del Governo degli Stati Uniti.

Il metabolismo sociale ed economico del nostro Paese, delle sue Regioni e città è ancora totalmente dipendente dalla fruibilità di combustibili liquidi a buon mercato.

Il panorama prevedibile nella fase di declino di disponibilità di tali combustibili è caratterizzato da costi crescenti degli stessi che si trascineranno dietro costi crescenti dell'energia in generale e delle materie prime (come si è visto nel periodo 2004-2008).

Tutti i settori produttivi, dai trasporti all'agricoltura, così come l'intero assetto economico e sociale soffriranno - in modo al momento imprevedibile - generando una riduzione delle disponibilità di beni, servizi e lavoro così come oggi li concepiamo.
Si rileva che l'attuale fase di sostituzione dei combustibili liquidi di origine petrolifera con il gas naturale può alleviare solo in minima parte i problemi per il settore dei trasporti.

La scrivente Associazione evidenzia quindi la necessità che l'azione politica e amministrativa si occupi nel più breve tempo possibile di garantire alla società il mantenimento dei servizi essenziali scoraggiando la deriva verso il superfluo e focalizzandosi verso la preparazione, sia materiale, sia culturale, di una comunità informata e resiliente, chiamata ad affrontare un periodo di diminuzione del flusso di beni e servizi senza per questo collassare o trasformarsi in qualcosa di diverso e sicuramente meno gradevole.

In questo quadro si evidenzia inoltre il carattere controproducente dei progetti di rilancio del paradigma vigente, rappresentati dall'ipotesi di incrementare l'uso del carbone e dal ritorno al nucleare, che sottendono l'idea non sostenibile della crescita materiale infinita. Grati per la Sua considerazione, rimaniamo a disposizione per qualsiasi approfondimento.

* Aspo Italia
Associazione per lo studio del picco del petrolio
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Re: lettera aperta ASPO Italia su declino del petrolio

Messaggiodi rockytaft88 » 11 mag 2010, 19:14

QUESTI SECONDO ME SON FUORI DI TESTA

- Da Veronesi a Treu-Ichino, in 72 a Bersani: Pd apra a nucleare
Roma, 11 mag (Il Velino) - Da Umberto Veronesi e Margherita Hack, da Fabrizio Rondolino e Massimo Locicero a Franco Debenedetti e Tiziano Treu, da Umberto Minopoli e Pietro Ichino a Enrico Morando e Chicco Testa. Sono 72 le firme di prestigio apposte da scienziati e intellettuali vicini al Pd (nonché da personalità elette in Parlamento nelle file democrat) che chiedono al segretario del Partito, Pier Luigi Bersani, di aprire alle istanze dell’energia nucleare, tenendo a freno “pressapochismi e atteggiamenti antiscientifici”. A Bersani, i firmatari della lettera aperta, pubblicata dal “Riformista”, chiedono di “prendere atto che il nucleare non è né di sinistra, né di destra e che, anzi, al mondo molti leader di governi di sinistra e progressisti puntano su di esso per sviluppare un sistema economico e modelli di vita e di società eco-compatibili”. Tra gli esempi addotti dalle voci pro-nucleare, “Brasile con Lula, Usa con Obama, Giappone con Hatoyama, Gran Bretagna con Brown. Noi ti chiediamo di garantire che le sedi nazionali e locali del Pd, gli organi di stampa, le sedi di riflessione esterna consentano un confronto aperto e pragmatico. Riterremmo innaturale e incomprensibile - avvertono i sottoscrittori dell’appello - ogni chiusura preventiva su un tema che riguarda scelte strategiche di politica energetica, innovazione tecnologica e sviluppo industriale così critiche e con impatto di così lungo termine per il nostro paese”.

La lettera prende le mosse da dati che “sono chiari” - assicurano i firmatari - anche a Bersani: “Importiamo più dell’80 per cento dell’energia primaria di cui abbiamo bisogno, principalmente, da paesi geopoliticamente problematici. Produciamo l’energia elettrica per il 70 per cento con combustibili fossili. Circa il 15 la importiamo dall’estero e prevalentemente di origine nucleare. Se non la importassimo la nostra dipendenza dai combustibili fossili (gas e carbone in primo luogo) salirebbe oltre l’80 per cento”. Quanto alle fonti rinnovabili, proseguono i sottoscrittori della lettera-appello a Bersani, con esse, “se escludiamo l’idroelettrico, patrimonio storico del nostro paese, ma praticamente non aumentabile, produciamo circa il 6 per cento. L’energia solare per la quale sono stati investiti fino a ora circa 4 miliardi, ben ripagati dai generosi incentivi concessi fino a oggi dal sistema elettrico italiano, contribuisce al nostro fabbisogno elettrico per lo 0,2 per cento”.

Quanto alla “sbrigatività” e al “pressapochismo” con cui, spesso esponenti Pd affrontano la materia, i firmatari riferiscono che hanno “sentito parlare di ‘masserie fosforescenti’ e altre falsità di questo genere, che cozzano contro il buon senso e ogni spirito di razionale e serio approccio al problema. Basterebbe attraversare il confine e visitare centrali nucleari francesi vicine ai castelli della Loira o quelle nelle vallate svizzere per capire l’enormità di tali affermazioni. O ancora per quel che riguarda i costi del programma nucleare: incomprensibile senza una discussione completa su tutti i dati di riferimento (costi di generazione del KWh, costo del combustibile, durata di vita delle centrali eccetera) e senza confronti con i costi delle alternative in caso di rinuncia al programma nucleare. Per non dire - proseguono i 72 firmatari dell’appello a Bersani - del tema della sicurezza che punta a sottacere il track record di sicurezza degli impianti nucleari che non ha paragoni con quello di ogni altra filiera energetica”. L’appello si conclude con un invito fermo al segretario: “Occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell’innovazione. Ampi settori di intellettualità tecnica e scientifica, che un tempo guardavano al centrosinistra come alla parte più aperta e moderna dell’Italia, non ci capiscono più e guardano altrove”.

Non voglio entrare nella politica perchè nessuno al momento mi rappresenta ma secondo me l'unica cosa giusta che hanno detto è che il nucleare non è di destra ne di sinistra. è vero che non è da demonizzare come alcuni fanno perchè non è poi cosi molto piu pericolosa di una atttuale centrale termoelettrica ma non è nemmeno, come dice il documento postato da luca da prendere in considerazione allo stato attuale delle conoscenze scientifiche un investimento sul nucleare!! veronesi deve tornare a curare il cancro e la hack che consideravo una abbastanza in forma e con idee chiare...mi ha colto di sorpresa con questo colpo basso...che torni a studiare i neutrini!
Le centrali nucleari francesi sono sicure e sane...??? ma dove? per chi ha voglia di vedere come stanno le cose senza troppi messaggi politici subliminari...dateci una guardata perchè ne vale la pena: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... c.html?p=0
Se la Mafia investe nel rinnovabile ci sarà bene un motivo! loro certo se c'è la crisi non vanno in borsa a fare i giochetti ma dove il guadagno è sicuro...mi scoccia prendere certi esempi ma quando ce vo ce vo!
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Re: lettera aperta ASPO Italia su declino del petrolio

Messaggiodi nazuco » 12 mag 2010, 10:27

quante cretinate (!) scrivono i politici..
Fico come 380 ppm di o=c=o possono cambiare la temperatura di 360.700.000 di km² di acqua.. Chi bruciava petrolio nella PEG o nella PCM? The Sun?
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